Il sindacato dei medici ospedalieri (Cimo) pronto ad aiutare la giunta Acquaroli
Essere partecipe, dare un contributo tecnico-manageriale e professionale alla riorganizzazione sanitaria marchigiana è la richiesta dei medici ospedalieri e dei medici dirigenti dei sindacati Cimo e Fesmed, riuniti sabato 26 marzo in convegno a Porto San Giorgio.
Metodici, partono dall’analisi delle problematiche riguardanti la riorganizzazione del sistema sanitario regionale e avvertono che con la fine dell’emergenza Covid decretata dal governo, il 31 marzo emergerà tutta l’inefficienza del sistema. Già il 1° luglio, i contratti essendo stati prorogati per altri 3 mesi, 200 medici non figureranno più nella pianta organica della rete ospedaliera marchigiana se con una norma non li si autorizza a rimanere anche senza specializzazione. Ma mancheranno anche infermieri, portantini e pure personale amministrativo.
«La sanità – sostiene il Dr Gioacchino Di Martino, Presidente del coordinamento regionale Cida Marche – ha avuto un ruolo determinante nella sconfitta della coalizione di Centro Sinistra ma la giunta di Acquaroli la sta peggiorando mortificando tra l’altro sempre più la dignità degli operatori sanitari. Chiediamo un’immissione di managerialità in un sistema che soffoca di burocrazia e che genera promesse irrealizzabili».
I medici ospedalieri e i dirigenti non dicono no alla razionalizzazione, ma che sia fatta nel rispetto dei diritti dei cittadini, ossia di avere “un dottore che fa diagnosi e curi a fianco del posto letto».
«È dal 16 dicembre scorso – entra nel merito Luciano Moretti, segretario regionale del Cimo Marche – che chiediamo l’apertura di tavoli tecnici per discutere della nuova progettualità del piano sociosanitario nella regione. Contestiamo il fatto che si mettano dei soldi su strutture ospedaliere che non sappiamo se rimarranno o verranno dismesse. Vogliamo sapere qual è il progetto, quali sono i presidi che saranno trasformati in ospedali di comunità, quali saranno i nosocomi di I livello e di II livello. Insomma, quale sia il piano strategico della Regione. Sentiamo parlare di sanità a livello pubblicitario ma non a livello tecnico scientifico».
Denunciano che si parli solo di risorse finanziarie, di strutture, ma non di personale. Emerge una categoria stremata che si sente calpestata nella sua dignità professionale e umana e senza prospettive.
«Nella sanità pubblica si sa che solo 6 medici su 100 possono crescere e diventare primari – entra nel merito il Presidente Nazionale del Cimo, il Dr Guido Quici-. Molte regioni in Italia si stanno rivolgendo a cooperative esterne di medici. Ma hanno i loro limiti. Perché non hanno in organico tutti gli specialisti necessari e poi prendono servizio, fanno il turno ma di fatto non fanno parte dell’unità operativa, fondamentale per rendere ottimale la cura del paziente».
Il Convegno inoltre evidenzia che nel masterplan dell’edilizia sanitaria legato al Pnrr si punta esclusivamente sulle strutture e su investimenti in strumentazione (macchinari) senza parlare del personale.
«Alte tecnologie – incalza il presidente nazionale – che richiedono la presenza di medici tecnici di alto livello. Inutile inaugurare una nuova tac, una nuova risonanza magnetica se non c’è la persona in grado di utilizzarla e poi leggere i risultati».
Quesiti a cui ha voluto personalmente rispondere l’assessore regionale alla sanità Saltamartini che non solo ha anticipato che «ci sarà a breve un convegno regionale dove saranno invitati sottosegretari e il Ministro Speranza per discutere del grave problema di personale ma assicurato che per la Regione e per i dirigenti della sanità, il Cimo e gli altri sindacati sono e devono essere interlocutori privilegiati perché solo così sarà possibile avere una fotografia reale del sistema e risolvere i problemi e colmare le lacune dell’organizzazione».
Infine, a proposito dell’emorragia di medici che lavoravano nelle Marche e concorrono e vincono bandi in Emilia-Romagna, in Umbria, in Abruzzo, il sindacato continua a chiedere il perché i bandi nelle Marche siano quasi tutti a tempo determinato e, quindi, non incentivino i medici a fare richiesta presso ospedali marchigiani, a maggior ragione in quelli delle aree interne. «Il problema – risponde l’assessore Saltamartini – è il budget affidato alla sanità marchigiana che temo sarà ridotto ancora di più con il 2 % del Pil che il goveerno vuole investire nella difesa».
Véronique Angeletti