Una nuova era per Albacina…

WP_20150906_001Fabriano – Albacina piange uno dei suoi alberi. Monumentale, era uno dei giganti buoni che vigilavano, da lustri sul giardino dedicato ad Aristide Merloni. Se era carpino o betulla, alla gente del posto poco importava, il gigante era nato con il giardino dedicato per il paese dalla famiglia al suo capostipite. D’estate, la sua immensa chioma dava ombra ed il suo tronco, con il suo gemello, è stato la porta per almeno tre generazioni di bomber provetti. Poi, il 28 agosto, di mattina, senza che ci fosse vento o pioggia, verso le dieci, è caduto. Uno schianto con un gran boato che, per fortuna, nessuno ha sentito perché a quell’ora non c’erano bambini od adolescenti Albacina 1sui suoi giochi e muretti. “Colpa delle sue radici – hanno detto gli esperti – erano ammuffite”. Eppure lui, il gigante, era un pezzo che cercava di manifestare il suo disaggio. Le sue potenti radici erano perfino affiorate in superficie scombussolando pavimenti, scale e muretti.  Adesso giace lì, lungo tutti i suoi 25 metri,  affianco all’area giochi, in parte appoggiato su suo fratello, ed impressiona ancora per la sua maestosità. Pertanto Albacina lo piange perché il gigante è come il suo cuore storico che, a pezzi, sta collassando con la complicità e l’incuria di privati distratti e, forse, di un amministrazione, che, tale quale a “chi sta di passaggio”, pensa che Albacina si fermi a Borgo Tufico.

albacina2Eppure Albacina è una frazione tutta da scoprire.  Vanta un prestigioso passato  da leggere nelle sue pietre.  Quando era un importante municipio romano testimoniato dalle lapidi murate affianco alla chiesa. Quando era uno strategico borgo medievale alla confluenza tra Giano ed Esino che palesa nell’imponente – seppur parziale – cinta muraria e nella sua porta d’ingresso bastionata. Quando si presenta come sito di archeologia industriale perché sede del primo opificio di Aristide Merloni e scrigno delle radici di un gruppo che, per primo, ha esportato in un modo sano, efficace ed efficiente il saper fare marchigiano nel mondo. Perché Albacina ha tesori d’arte nel seno della sua chiesa dove si trova un prezioso trittico e pure 20150906_174948un raro organo di Gaetano Callido che il paese ha restaurato con la complicità della Fondazione Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana. E’ anche natura con la sua rete di sentieri che portano fino al Monte della Bocchetta e a quella balza che protegge il luogo dove le cicogne vanno a prendere i bambini. E’ fede con quelli che s’inerpicano sul Monte Maltempo che ospita il Santuario della Madonna dell’Acquerella.
Ecco perché Albacina piange il suo albero. Lo piange perché si rende conto che nessuno finora ha pensato a lei come ad un borgo da recuperare e valorizzare ma lo si guardo  solo nelle sue vesti di stabilimento che oggi è stato dichiarato fuori dell’asset industriale dai capitani americani della Whirpool.  Un fuori scena che non piace a nessuno, sopratutto a chi vede Albacina come il simbolo di un industria che ha dato benessere ad un comprensorio che abbraccia tre province e due regioni. Un fuori scena che  non accetta chi ama e vive ad Albacina. Ragione per cui i ragazzi del paese da alcuni mesi si sono organizzati per ridare vita al borgo e si sono uniti in un’associazione che si chiama Nuova Era. La sua operatività si è vista già questi mesi e proprio nel giardino pubblico dove il gigante si è arreso. Hanno pulito le piante, strappato l’erba e perfino verniciato la ringhiera che lo circonda. Oggi vogliono lavorare sulle vie e sui suoi tesori. Segnalare obbrobri e mettersi a servizio dell’amministrazione. Si chiama buona volontà e sarebbe un gran peccato perdersela.

Véronique Angeletti