Cabernardi: storia di una miniera #8

UntitledAll’arrivo degli 860 preavvisi di licenziamento, la risposta dei sindacati non si fa attendere e, considerando il provvedimento privo di qualunque giustificazione visto che ci sarebbero state concrete possibilità di trovare nuovi giacimenti, invitano i parlamentari di ogni partito, le autorità e i lavoratori di ogni categoria ad unirsi nella lotta contro i licenziamenti e la smobilitazione; nei giorni 8 e 9 maggio il 95% dei lavoratori aderisce ad uno sciopero di 48 ore. Il Consiglio Comunale di Sassoferrato, compattamente contrario ai licenziamenti e alla dismissione della miniera, propone che vengano intraprese ricerche di metano per reimpiegare la manodopera.
Anche il Comune di Pergola si mostra in forte disaccordo con le scelte operate dalla Montecatini, a loro avviso colpevole dell’impoverimento dei filoni minerari imputabili “all’irrazionale sistema di coltivazione a rapina praticato[1]”.
La Montecatini, nonostante le proteste, va avanti per la sua strada e il 18 maggio 1952 a Cabernardi 5000 persone scendono in piazza per manifestare il loro dissenso ai licenziamenti; l’eco delle proteste è tale da varcare i confini regionali arrivando a Roma dove l’allora ministro del lavoro, Leopoldo Rubinacci, non può più ignorare le crescenti proteste e scrive una lettera[2] in cui si promette che i lavoratori licenziati verranno eventualmente ricollocati in alcuni cantieri marchigiani, oppure saranno agevolati qualora desiderassero emigrare nelle miniere belghe, lettera da cui si deduce chiaramente che il governo De Gasperi non ha intenzione di fare alcuna pressione sulla Montecatini.
Le trattative fra i lavoratori di Cabernardi e la Società durano poco e così il 28 maggio 1952, al grido di “Coppi maglia gialla” (la scritta comparsa su un vagone spedito vuoto fuori dalla miniera), inizia l’occupazione delle miniere di Cabernardi e Vallotica da parte di 176 minatori che per 40 giorni rimarranno a protestare nelle viscere della terra a 500 m di profondità.
È la triste storia dei “sepolti vivi” che fece grande scalpore in tutta Italia e anche all’estero, ma che non servì a smuovere il governo, che anzi parla di “situazione illegale[3]”, e soprattutto la Montecatini che rincalzò la sua linea dura notificando altri 360 licenziamenti.
La protesta dei sepolti vivi prosegue e molte sono le operazioni messe in campo per piegare la loro pervicacia, si arriva addirittura a bloccare l’erogazione della corrente e della ventilazione che permette di respirare all’interno della minera, vengono bloccati i contatti con l’esterno e l’area della miniera viene presidiata dalle forze dell’ordine.
Il 3 luglio 1952 riprendono le trattative che culminano nell’accordo del 5 luglio siglato dalla Montecatini, dalla Cgil, dalla Csil, dalla Uil e dall’Associazione Industriali; così alle 9.30 del 5 luglio i minatori escono dalla miniera tra le lacrime e la commozione dei loro cari che li attendono da molti giorni.
Al termine della protesta, come da accordi, viene istituita una Commissione Ministeriale con il compito di valutare l’effettiva consistenza dei filoni solfiferi che però conferma la tesi della Montecatini: la miniera è ormai prossima all’esaurimento. A questo punto lo smantellamento è inevitabile e la maggior parte degli operai che non viene licenziata sceglie di farsi trasferire in altri stabilimenti italiani.
Purtroppo la “lotta dei sepolti vivi” non produrrà i risultati sperati, anzi gli operai implicati nell’occupazione saranno tra i primi ad essere licenziati e quelli che non lo saranno non verranno riassunti negli altri stabilimenti italiani della Montecatini: davanti a loro solo la scelta di emigrare nelle miniere del Belgio.
Nel 1953 la miniera di Percozzone viene chiusa. Cabernardi resta in attività fino al 1958 e dei 200 operai rimasti in servizio nel 1954 ne restano solamente 30!
Il 9 aprile 1960 la Montecatini comunica ufficialmente al sindaco di Sassoferrato la definitiva rinuncia alla concessione mineraria “Percozzone-Cabernardi-Caparucci”. È la fine di un’epoca e di una storia!

[1] Fonte: Archivio Storico Comunale di Pergola, categoria XI, classe 2, fascicolo I, anno 1952.
[2] Fonte: Archivio Storico Comunale di Sassoferrato, categoria XI agricoltura, industria e commercio, classe 2, fascicolo III, anno 1952 “Vertenza sulla chiusura delle miniere di Cabernardi e Percozzone”.
[3] Si veda nota 2.

Pamela Damiani

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