Cabernardi: storia di una miniera #6
|Nel periodo a cavallo fra le due Guerre l’area delle miniere di Cabernardi e Percozzone si sviluppa notevolmente e si configura come l’area mineraria più profonda d’Italia: a Cabernardi nel 1937 sono ormai aperti 20 livelli, circa 300 m sotto il livello del mare.
Nel 1940, anno in cui l’Italia entra in guerra, gli operai impiegati nelle due miniere sono circa 1.714, tra questi anche ragazzini sotto i 14 anni che svolgevano attività di superficie. Nei cinque anni di guerra il numero degli operai impiegati scende notevolmente a causa degli arruolamenti bellici, anche se nel 1945 si nota una certa ripresa grazie alla liberazione dell’entroterra marchigiano, da parte degli alleati e dei partigiani, portata avanti nel luglio del 1944. Dal racconto di Giuseppe Paroli apprendiamo inoltre che durante quel periodo, a protezione della miniera di Cabernardi, era distaccata un’unità di soldati tedeschi; con l’avanzare delle truppe alleate da Berlino giunge l’ordine di distruggere la miniera, per impedire che il prezioso zolfo possa cadere in mano nemica. I danni sarebbero stati incalcolabili, ma fortunatamente il senso di responsabilità di un tenente tedesco non permise quella distruzione.
La guerra però fece molti danni a Cabernardi, a Percozzone e anche a Bellisio Solfare; il 1944 si apre infatti con l’interruzione delle attività lavorative causate dai numerosi danni provocati alle linee elettriche a seguito dei bombardamenti alleati, come si legge nella lettera che il direttore del “Gruppo Minerario di Cabernardi Percozzone e Caparucci” invia il 22 gennaio 1944 al Distretto Minerario di Bologna.
Nella raffineria di Bellisio si contano danni per circa 150 milioni di lire, per cui appena finita la guerra si inizia a ricostruire in maniera talmente rapida che già nel 1947 circa 1.733 operai arrivano a produrre 33.850 tonnellate di zolfo; nel 1950, l’anno più ricco dall’inizio dell’operato della Montecatini, si producono circa 43.647 tonnellate di zolfo.
L’intensa attività estrattiva non è tuttavia destinata a durare in eterno; un rapporto della Montecatini, datato 6 maggio 1952, conferma che l’area mineraria risulta in rapido esaurimento e si dovrà quindi procedere alla riduzione di quasi la metà del personale utilizzato: è l’inizio delle agitazioni e delle manifestazioni contro la società, colpevole di aver portato avanti un’attività estrattiva troppo intensa, che ha privato la collettività di quelle risorse preziose che le appartengono, anche in violazione delle leggi dello Stato, costringendo gli operai a ritmi di lavoro massacranti e molto spesso in condizioni di estremo pericolo. Si fa strada l’idea che il problema non sia da ricondursi ad un reale esaurimento dei vari giacimenti, quanto alla mancanza di volontà, da parte della Montecatini, di investire risorse in nuove tecnologie.
Pamela Damiani