#AlluvionePergola – Traditi dal placido Cesano: la notte in soffitta collegati ai vicini saliti sul tetto
Non riusciranno mai più a fidarsi del Cesano, gli abitanti del quartiere delle Tinte. Il placido fiume, che quest’estate era ridotto a tratti ad un rivolo, in una manciata di minuti, si è trasformato in un fiume in piena e ha stravolto le loro vite. Ha invaso strade, giardini, sommerso le loro case, seminato rovine e distruzioni.
Mentre l’acqua a poco a poco defluisce, pala alla mano, le famiglie lavorano per ripulire dalla melma le dimore e recuperare quello che è possibile salvare. Sono in programma operazioni per togliere le auto a valle, e liberare del tutto dai detriti e dagli alberi il ponte del XX settembre che non è crollato. Sono anche iniziate dai vigili con l’ufficio tecnico le verifiche di agibilità. Richiederanno del tempo. Sono una decina le case da ispezionare e 38 i residenti sfollati. Tra di loro la famiglia Belardinelli.
Maria Teresa, la mamma, Virgilio, il padre e Federico e Andrea, i due figli, che non sono sposati. Sono ospiti a Cantarino da parenti, nel paese dei minatori, l’unico dove è possibile vedere tutta la valle scavata dal Cesano con all’orizzonte, la linea blu del mare.
«È stata una notte da incubo – racconta Maria Teresa – ad un certo punto ci siamo ritrovati tutti in mansarda, seduti sul letto, e ho pensato se moriamo almeno ci ritroveranno qui tutti insieme».
Ancora non si capacita di quello che è successo. «Era passato da poco le otto, venivamo di finire di mangiare. Poco prima, mio marito aveva dato uno sguardo al Cesano per colpa della pioggia ma scorreva tranquillo. Poi, tutt’un tratto Federico dalla finestra ha visto che tutto era cambiato e urlato a mio marito e ad Andrea di spostare le macchine. Non è servito a nulla. Anzi, hanno rischiato la vita. Andrea ha cercato di salvare la nostra gattina, Mimì, che non ha fatto in tempo a salvare. La corrente l’ha trascinato via e siccome era impossibile aprire il portone, sono passati attraverso una finestrella sul lato spaccata dalla forza dell’acqua».
Le finestre che esplodono, i mobili che crollano, la fuga per le scale e poi la notte passata in mansarda a guardare i gradini per controllare se saliva l’acqua. «E’ arrivata al quinto scalino degli undici che portano sopra – ricorda – senza poter fuggire dal tetto perché un albero altissimo è cascato e ha sfondato tetto e terrazzo». Ore e ore di angoscia circondati dal rumore frastornante dell’acqua, dagli stridi della casa, senza elettricità, con un unico cellulare che serviva a far luce per verificare il livello dell’acqua.
«Siamo riusciti a parlare con nostra nipote Patrizia Greci e all’alba, dalla finestra, con i vicini che erano sui tetti o nelle soffitte». Della casa è rimasto solo le mura. «Per fortuna, ci stanno aiutando. Sconosciuti mi hanno lavato e stirati i vestiti».
Intanto, è stata aperta una stradina per raggiungere la frazione di Codarda. Il Comune ha trovato una soluzione alternativa per Serralta e per Percozzone, si pensa al Genio militare. Il finale, comunque, o racconta Andrea a modo suo. Pala alla mano davanti il civico 5 di via De Amicis afferma: «Io non gliela do de vinta. Ricominciamo».
Véronique Angeletti