Il confronto tra il sen. Romagnoli ed il consigliere regionale Fora in vista del referendum
Fossato di Vico – Le ragioni del Si e del No in vista del referendum confermativo di domenica 20 e lunedì 21 settembre si sono confrontate, nel teatro comunale di Fossato di Vico, venerdì 11 settembre nell’incontro organizzato dal circolo Acli Ora et Labora. Ad aprire i saluti istituzionali del sindaco del paese appenninico Monia Ferracchiato che ha sottolineato l’importanza di partecipare al voto su un quesito annoso che da tempo è presente nel dibattito politico e che finalmente potrà avere la risposta del popolo italiano. A seguire il prof. Sante Pirrami ha presentato gli ospiti chiarendo le motivazioni del quesito referendario, l’iter parlamentare che ha portato al voto, che non necessita di quorum e che quindi richiederebbe una grande partecipazione elettorale veramente consapevole. Sergio Romagnoli, senatore fabrianese del M5S, ha sostenuto con forza l’importanza di votare Si al quesito referendario. Finalmente, ha evidenziato, dopo anni di dibattiti sterili, di promesse provenienti dalla maggior parte delle forze politiche, dopo trattative infinite mai concretizzate, il popolo italiano ha la possibilità di poter decidere di tagliare il numero dei parlamentari. Sono felice che sia proprio lo strumento referendario che decreterà questa riforma che, è bene ricordarlo, è stata votata in modo massiccio dalle forze politiche presenti in parlamento, fino all’ultima votazione in Senato che ha poi finito per rimandare il tutto dando la parola agli italiani. Se vincesse il Si avremo dei risparmi, non soltanto per le indennità che caleranno visto che avremo 345 parlamentari in meno, ma per tutto l’apparato che ogni parlamentare ha in dote. Non diminuirà la rappresentatività, come molti del fronte del No sostengono, visto che con la riforma avremo un eletto per circa 100.000 elettori in linea con la media europea, contro un eletto per 63.000 attuali.
Inoltre è bene sottolineare quanto la rappresentatività territoriale sia aumentata dopo il 1970, con l’introduzione delle Regione e dei parlamentini regionali, che hanno portato da subito ad oltre 1800 fra parlamentari e consiglieri regionali, un numero esagerato ed ingiustificabile e non al passo con i tempi. Se 945 parlamentari avevano una logica nell’immediato dopoguerra, proprio nell’intento di rappresentare al massimo i territori, oggi non c’è più questa esigenza. Fu addirittura l’ex presidente della Camera Nilde Iotti ad esprimersi in favore del taglio dei parlamentari e non vedo perché oggi il popolo italiano debba votare contro una riforma che spero insieme a tante altre: dal voto ai diciottenni, alla reintroduzione delle preferenza, ad una riforma elettorale più efficiente ed al taglio delle indennità dei parlamentari, portino, oltre a dei risparmi sui costi della politica, ad una maggiore efficienza della macchina parlamentare, ad una semplificazione, ma anche ad una maggiore vicinanza delle istituzioni ai cittadini.
Di diverso avviso le parole di Andrea Fora, consigliere regionale per la lista Patto civico per l’Umbria, il quale non riesce a vedere, oltre a dei piccoli risparmi pur importanti, ma quantificabili con circa un caffè a testa all’anno per ogni cittadino, altre ragioni decisive per votare questo referendum. Se si fosse voluto risparmiare veramente, ha specificato il consigliere perugino, sarebbe bastato dimezzare le indennità dei parlamentari, senza arrivare ad un referendum che sa tanto di populismo e parla più che alla testa, alla pancia dei cittadini. A fronte di questi piccoli risparmi si rischia di avere, se passasse la riforma, ad esempio per l’elezione del Presidente della Repubblica, la maggioranza di turno che, di volta in volta, potrebbe imporre il suo Capo dello stato senza che invece vi sia un accordo maggiormente trasversale. Le segreterie dei partiti, che già oggi scelgono con i listini bloccati chi far eleggere, avrebbero ancora più potere con meno eletti, quindi più potere sarà nelle mani di pochi. I veri problemi sono altri ed il taglio dei parlamentari avrebbe un senso se fosse accompagnato da una ridefinizione del sistema democratico attraverso il superamento del bicameralismo perfetto, che non fa altro che rendere tutto maledettamente lento; da una definitiva revisione delle attribuzioni dei compiti fra stato e regioni che ponga fine agli annosi conflitti; dalla reintroduzione delle preferenze che dia la possibilità di scelta ai cittadini e non ai partiti ed alle varie lobby che, con il calo dei parlamentari, potrebbero essere ancora più influenti. Inoltre, se guardiamo ai risvolti strettamente umbri, con il taglio dei parlamentari passeremo da 16 eletti a 9 con il rischio concreto che alcuni partiti, soprattutto quelli minori, non avranno rappresentanza. Questa riforma non cambia la vita reale delle persone, ma peggiora di certo alcuni aspetti della nostra democrazia.
William Stacchiotti