No all’archiviazione: la famiglia di Huub Pistoor chiede giustizia
|Si oppone alla richiesta d’archiviazione presentata dal Pm, la famiglia di Huub Pistoor, l’ingegnere olandese che, il 29 marzo 2019, ha perso la vita sulla strada tra Agugliano e Polverigi, schiacciato nella sua Punto da un rimorchio sganciato dalla motrice. Il conducente se n’è accorto dopo aver percorso diversi chilometri. Per la figlia Anna, la famiglia e la compagna Gioia Bucarelli di Pergola, insegnante di storia e italiano al Polo3 di Fano, non è accettabile che la ditta di trasporto sia considerata non responsabile poiché le revisioni dei mezzi sono state fatte nei tempi stabiliti. Anzi, gli avvocati della famiglia chiedono al gip di estendere le indagini anche a chi ha eseguito le revisioni e la manutenzione dei mezzi. Sarebbero tanti gli elementi che attestano l’inidoneità dei mezzi alla circolazione stradale e dunque la grave negligenza imputabile ai proprietari o a chi ha eseguito revisioni e manutenzioni.
«Purtroppo stiamo vivendo – spiegano – una realtà che subiscono troppi familiari di vittime di omicidi stradali – affermano -. Con l’archiviazione passerebbe il messaggio che può capitare di restare schiacciati da un rimorchio che si stacca, che è colpa di un gancio, dei freni, e cioè di nessuno. Invece si sa che spetta ai proprietari e agli addetti di Motorizzazione e officine occuparsi della manutenzione dei mezzi pesanti che si incontrano tutti i giorni per strada. Pensiamo sia giusto far conoscere ciò che sta accadendo perché la sicurezza stradale riguarda l’incolumità di tutti. Per noi non cambierà nulla, ma forse si potranno salvare altre vite. Il conducente è solo l’ultimo anello di una catena di responsabilità che devono essere accertate».
Ragione per cui la famiglia condivide la battaglia della Fondazione Michele Scarponi di Filottrano. «È importante far capire che chi muore o rimane ferito sulla strada è spesso vittima dell’imprudenza, dell’incoscienza, dell’incuria o della negligenza – spiega Gioia Bucarelli –. Deve cambiare il modo di vivere la strada e devono essere riconosciuti i diritti legali ed etici a tutte le vittime o ai loro parenti». Obiettivi che la Fondazione ha trasformato in un decalogo che, tra vari punti, chiede misure di sostegno psicologico alle vittime e ai loro parenti e che il percorso post trauma sia riconosciuto come patologia con i diritti economici, di lavoro e di tutela.
Véronique Angeletti@Civetta.tv