L’amore al tempo del Coronavirus: Roberto e Tiziana, separati (da una porta) in casa
|Una porta tra di loro e vita separata in casa è l’amore al tempo del coronavirus per Tiziana Mancini (54 anni) e Roberto Massi (49) . Lei, operatrice socio-sanitaria fino al 29 marzo alla Rsa di Mondavio e poi trasferita all’ospedale di Pergola, è risultata positiva al coronoavirus sabato 4 aprile. Di conseguenza, in quarantena anche il suo compagno. Poca febbre, niente dispnea, alterati il gusto e l’olfatto, Tiziana però non vive la malattia in ospedale ma dialoga con i medici e gestisce, da sola, sintomi e parametri. «Aiuta e molto – ironizza Roberto – il fatto che un pò di sanità la mastichiamo».Tiziana è Oss ma anche la presidente del comitato della Croce Rossa di Sassoferrato mentre Roberto né è il past president ed è autista-soccorittore dell’ambulanza. Una coppia in Croce Rossa dal 87, già pronta a trarre lezioni di un’epidemia che fa emergere tutta l’importanza di avere una capillare e professionale assistenza sanitaria sul territorio e di come, con la telemedicina, medici specialisti e medico di base, da remoto, potrebbero monitorare i pazienti lasciati a domicilio.
«Una volta uscito da questo incubo – afferma Roberto – la prima cosa sarà smontare quella maledetta porta che ci separa». La chiama il suo muro di Berlino e divide la sala della camera matrimoniale. Da dodici giorni, il suo feudo è la cucina, il salotto con il divano letto, il bagno di servizio, la lavanderia, il garage e il giardino. Più risicato quello di Tiziana. A lei spetta la camera grande, il bagno, la cameretta. «Ma tanto con le terapie che deve seguire – precisa Roberto – non riesce nemmeno a volte ad alzarsi. La cura con un farmaco antimalarico la mette ko». La fa dormire per ore e influenza la pressione. «Ma l”importante – aggiunge con la voce flebile Tiziana – è avere debellato la febbre».
Una situazione da manuale per la telemedicina. Quell’insieme di tecnologie purtroppo, spesso erroneamente interpretate come un “depotenziamento” dei presidi sanitari che nella realtà facilitano le diagnosi, creano gruppi di lavoro in tempo reale tra medico curante e specialisti, modulano e controllano l’efficacia delle terapie a distanza come per il diabete, o il cuore, ottimizzano il monitoraggio del malato anche per la riabilitazione che ha il privilegio di poter rimanere a casa. Un’iniziativa che nel comprensorio delle alte terre tra le province di Ancona e di Pesaro non è un libro dei sogni. La telemedicina è stata finanziata dalla Strategia nazionale delle aree interne e i nove comuni dell’area interna Appennino basso-pesarese anconetano, ossia Arcevia, Sassoferrato, Frontone, SSAbbondio, Cantiano, Cagli, Acqualagna, Piobbico e Apecchio, hanno a disposizione almeno 600 mila euro per attivarla. A ritardarne l’applicazione, il fatto che la Regione Marche deve inserire i servizi nel preziario sanitario regionale.
Véronique Angeletti @civetta.tv