Serra Sant’Abbondio: la Regione non rimborsa i danni provocati dai lupi
Serra Sant’Abbondio – Una strage. Allevatori e Comunanza sotto scacco dal branco di lupi che vive sul Catria. La scorsa settimana, in cima, sui pascoli, sono state rinvenute le carcasse di otto vitelli e di tre vacche di cui due gravide; sabato invece, a due passi da Frontone paese, sulla strada della Contea, il cadavere di Bella, giovane pastore maremmano. «Doveva partorire fra tre settimane» spiega Marcello Bartolini, il suo padrone. È il proprietario dell’azienda biologica 3A’. Alleva vacche pezzate rosse che vende direttamente in azienda nella sua macelleria. «Per mestiere, ho un certo distacco emotivo nei confronti degli animali ma trovarla l’altra mattina sbranata mentre difendeva l’azienda mi ha fatto male, molto male.»
Conto della serva alla mano, Marcello e Giovanni Magnoni dell’azienda agricola Castelvecchio di Cagli, che porta le sue vacche anche lui sul massiccio del Catria, hanno perso quest’anno almeno 10mila euro a testa. «Sono i rischi della monticazione – affermano. Prima non c’erano i lupi, adesso purtroppo ci sono.» Ma quello a cui non riescono a rassegnarsi sono le modalità con cui l’asl su indicazione della regione Marche certifica i danni provocati dai lupi. «Tuttora aspetto gli indennizzi del 2012 – spiega Marcello -. Ogni anno accumulo danni a volte certificati a volte impossibile ad attribuire ai lupi. Quest’anno delle bestie sono rimaste solo le zampe e i veterinari non potranno attribuire il danno ai lupi.» È il modus operandi del rimborso che li fa arrabbiare: un check list che conferma che sono proprio i lupi ad aver ucciso la bestia. «Però se manca un solo punto, addio – incalza Marcello. Come volete trovare la traccia dei denti del lupo nel collo se il collo non c’è più.» E Giovanni aggiunge: «Se poi la bestia non si trova perché nel fuggire al branco è caduta sotto le balze del monte, il danno scompare.»
Il caso è grave. Sotto mira non è la politica della biodiversità ma l’assenza delle Istituzioni nel tutelare il reddito dell’allevatore. «Noi ci sentiamo responsabili» spiega Domenica Stortini, il neo presidente della Comunanza agraria serrana. Proprietà collettiva forte di 215 utenti, che cura i monti da centinaia di anni. «Gli allevatori potrebbero rinunciare alla monticazione e non più affidarci le bestie dal 1 maggio fino a metà novembre. Il che danneggerebbe la montagna. Cavalli, vacche, vitelli consentono di mantenere i prati e impediscono l’inselvatichimento. A rischio una tradizionale pratica ancestrale caratteristica del Catria e del Nerone su cui si fonda l’equilibrio ambientale dei monti. Se la Regione non fa il suo dovere potrebbe cambiare la sua conformazione.»
Certo adesso c’è un bando che finanzia le recinzioni con fondi perduti per evitare danni dai selvatici. «Qui, su questo versante del Catria, equivale a recintare 80 ettari già vincolati» – incalza l’agronoma Paola Sabbatini. Nel Psr, il piano di sviluppo rurale, la zootecnia intensiva è prioritaria per scongiurare lo spopolamento, ma se non danno i strumenti giusti e una burocrazia snella siamo di fronte ad una politica incoerente».
Véronique Angeletti@civetta.tv