La situazione italiana nelle parole di Don Giacomelli all’incontro Acli di Fonte Avellana
Serra Sant’Abbondio – Sotto una pioggia battente, si è svolto domenica 18 marzo il consueto ritiro di Quaresima organizzato dal circolo Acli Ora et Labora di Fossato di Vico presso l’Eremo di Fonte Avellana. Il gruppo aclista, dopo aver assistito alla celebrazione eucaristica celebrata con la comunità monastica, ha visitato la farmacia con i tipici prodotti camaldolesi ed ha pranzato nel refettorio interno della splendida struttura. Nel primo pomeriggio il Priore Don Gianni Giacomelli, ha incontrato il gruppo colloquiando per oltre un’ora su tematiche di attualità socio-politica. Il momento che sta attraversando l’Italia e più in generale l’occidente, sono stati al centro della brillante relazione proposta con il consueto eloquio dal Priore. Si sta vivendo una fase di grande mutamento, il paese sembra pronto ad una nuova svolta, l’ennesima ma, come successo in passato, il rischio è quello di cambiare senza però trovare quella strada che permetta di risolvere i tanti bisogni. Serve quella capacità, purtroppo difficile da trovare nella nostra classe dirigente, di immaginare un futuro, di progettarlo con lungimiranza, dando prospettive concrete senza risposte troppo semplici ed immediate, ma creando una nuova visione per le generazioni a venire. L’Italia in primis, ma anche gran parte dei paesi occidentali, da sempre traino dello sviluppo socio-culturale ed economico mondiale, dopo anni di crescita a tutti i livelli, si sono adagiati pensando forse di aver raggiunto un livello ormai insuperabile e quindi soltanto da amministrare. Purtroppo le dinamiche in atto ci dimostrano che la politica deve saper costantemente governare progettando nuove idee di crescita che mettano al centro il benessere dei cittadini. Cittadini che invece spesso sono, in nome di logiche soltanto di bilancio, abbandonati o peggio ancora danneggiati. La tanto vituperata Legge Fornero, tra l’altro passata con la complicità di gran parte dei partiti, ne è un esempio tangibile.
Don Giacomelli non ha lesinato critiche anche alla nostra classe politica dando una sferzata forte anche alla luce del voto del 4 marzo. Il sacerdote ha spiegato chiaramente come sia grave che non sia chiaro chi debba governare e chi stare all’opposizione. Si stenta a capire il vero ruolo che ogni forza politica ha alla luce del ruolo assegnatogli dal corpo elettorale. Un’analfabetismo democratico che si fa davvero fatica a comprendere ma senza una ricostruzione di tale basilare fondamento, ogni democrazia rappresentativa è improbabile che riesca ad avere un governo ed un’opposizione ben definiti. Il vincitore può e deve saper progettare e dare una visione di futuro che l’eventuale sconfitto può invece contrastare o modificare in un chiaro gioco delle parti. Altro elemento evidente nell’attuale clima socio-politico è il dominare della paura. Si tende ad erigere muri più che ponti per il dialogo. Il materiale umano è, metaforicamente parlando, come una pietra che a secondo dell’uso può servire per costruire ponti o per erigere muri tra l’altro inutili perché si troverà sempre, la storia ce l’ha insegnato, il modo di superarli o di abbatterli. Aprirsi, dialogare ed instaurare relazioni, è la risposta inevitabile per comprendersi senza paure. La classe politica quindi ha grandi responsabilità ma il Priore Giacomelli non ha risparmiato stoccate neanche ai cittadini. La popolazione ha una difficoltà evidente nel comprendere cosa vuole realmente, non sa bene quali siano le necessità ed anche quando lo sa fa difficoltà a chiederle nel modo giusto. Il flusso di informazioni propinate dai media, soprattutto dalla tv, altra grande sconfitta delle elezioni del 4 marzo, sempre meno in grado di captare il sentimento popolare, va compreso, interpretato. Serve una capacità di selezione, di discernimento, altrimenti il cittadino medio stenta a capire, a farsi un’idea il più possibile vicina alla realtà. Purtroppo sono pochissime le istituzioni che aiutano in questa attività di comprensione. Pur con tutti i suoi scricchiolii la scuola sembra uno dei pochi baluardi rimasti. La famiglia sembra aver abdicato al suo ruolo e nemmeno la chiesa, che ha pensato troppo ad argomentare sui massimi sistemi, senza capire le esigenze vere dei fedeli, sembra in grado di dare risposte. In questo quadro a tinte fosche Don Giacomelli non ha perso comunque la speranza ed anzi vede dei segnali di rinascita e di nuova partecipazione soprattutto giovanile.
Dopo aver toccato il fondo, sembrano intravedersi dal basso dei movimenti giovanili che provano a partecipare ed a interessarsi del proprio destino non delegando ad altri. Il largo consenso andato al M5S sembra andare verso questa direzione e tacciarlo come semplice protesta, sembra davvero frettoloso e poco rispettoso. Ricordando un vecchio articolo scritto dallo scienziato Hawking, morto nei giorni scorsi dopo una lunga malattia invalidante, Don Giacomelli ha spiegato come la classe politica che si chiude in una torre d’avorio sempre più alta, rischia di perdere il contatto con la realtà, con i problemi quotidiani. Hawking parlando del voto per la Brexit e per Trump, aveva spiegato come le élite, dall’alto della loro presunta superiorità continuando a dare giudizi sprezzanti sull’esito del voto, si allontanavano invece sempre di più dal popolo. In realtà quel voto cosiddetto di “pancia” è il sintomo di un disagio forte che gran parte della politica, affaccendata a parlare di questioni lontane dai veri interessi quotidiani, stenta a comprendere. Il popolo vuole innanzitutto realismo ed una classe dirigente che non capisce questo compie il peccato più grande. Oggi la politica ha davanti a sé un compito enorme, deve rileggere il tessuto sociale, comprenderlo e poi mettere in campo azioni che diano risposte concrete ai bisogni reali. Papa Francesco ricorda costantemente quanto le esigenze dei popoli siano cogenti e spesso disattese. Don Giacomelli ha richiamato con grande entusiasmo le parole dette dal Pontefice in occasione di un incontro con i movimenti popolari avvenuto alcuni anni fa. In quell’occasione il Santo Padre aveva spiegato come spesso la parola solidarietà nasconda invece la poca attenzione verso la lotta all’ingiustizia. La parola lotta veniva definitivamente sdoganata. Lottare in modo non violento per i propri diritti e contro un certo buonismo eccessivo, è invece giusto e normale. Inoltre, con un linguaggio a dir poco rivoluzionario, Papa Francesco ricordava come ci siano dei bisogni talmente ancestrali, insiti nella natura umana che possono essere reclamati e portati all’attenzione soltanto da chi li vive in modo diretto, scavalcando anche la democrazia rappresentativa. Un principio che può spalancare le porte alla democrazia diretta che viene dalla base e che può collegare nuovamente il mondo politico con le esigenze del mondo reale.
William Stacchiotti