Il Furlo dichiara l’auto-embargo del tartufo verso gli States ma i commercianti si ritirano
|Acqualagna – Niente sfida Pierotti -Trump. Game over per l’auto-embargo di Acqualagna sull’esportazione dei tartufi. I commercianti non puniranno gli States per l’uscita dell’amministrazione Trump dagli accordi di Parigi sul clima. La battaglia contro il riscaldamento globale che c’entra, eccome, sulla scarsità del prezioso tubero, va combattuta ma di sicuro non nell’entroterra pesarese. <<Soprattutto oggi – sottolinea la Tuber Ass, associazione di commercianti di tartufo che ha sede in Acqualagna -, il bianco pregiato è così raro che ha raggiunto il prezzo di 4,5 mila euro al kg e forse si rialzerà ancora di più.>> Insomma, non si può fare a meno della ricca America e poi, interrompere i rapporti commerciali significherebbe vanificare lo sforzo immano che le aziende hanno fatto per entrare in un mercato sotto ferreo controllo dalla Food & Drug administration. La patria del junk food, del cibo spazzatura, si sa non si fida dalle norme europee e manda pure i propri ispettori. Pertanto essere autorizzati a vendere oltre oceano è una conquista che non si può sprecare.
Però se la guerra Furlo-Usa rimane in conferenza stampa, quella tutt’ italiana sulla raccolta, la fiscalità e la legalità del commercio del tartufo entra nel vivo. A mettere il fuoco alle polveri ci penseranno Tuber Ass, Assotartufi e Tartufo Ok, le tre associazioni che rappresentano i commercianti di tartufo della Penisola. Domenica 29 ottobre, in occasione della 52esima Fiera Nazionale del tartufo bianco di Acqualagna, saranno una quarantina con cartelli e proteste alla mano per rappresentare un economia strangolata da una legge che giudicano “irresponsabile”. La stessa identica protesta fatta ad inizio ottobre ad Alba a ridosso dell’inaugurazione della fiera internazionale del tartufo.
Basta con i misteri e la non trasparenza. La scusa della tradizioni e del sapore delle usanze non vale. L’Europa, la Francia in primis, e i paesi emergenti nel mercato del tubero come la Croazia, la Serbia, la Grecia, la Romania o la Bulgaria le hanno già superati. Il commercio del tartufo italiano è incatenato da una legge inapplicabile.
Con i stessi termini con i quali ha esposto il 6 ottobre scorso la problematica al Ministro Delrio, la Tuber Ass. spiega: <<Chiediamo legalità. E’ stato spezzato un equilibrio che durava da un decennio. Dal 1 gennaio 2017, per il principio di tracciabilità sanitaria dei prodotti alimentari si è imposto di tracciare il tartufo. Perché il consumatore ha il diritto di sapere da dove viene il prodotto che mangia. Ma la legge pesa sui commercianti che devono fornire documenti di tracciabilità e fiscali. Non tiene conto che il cercatore vuole rimanere anonimo. Pertanto non abbiamo come lo richiede la nuova norma ricevute nominative dell’acquisto, corriamo il grave rischio di vedere sequestrata la merce e non possiamo nemmeno versare per conto del cercatore anonimo l’imposta sostitutiva. Il che ci pone problemi di tracciabilità, di fiscalità equa ed, alla fine, alimenta la circolazione del tartufo straniero che, lui, viaggia in tutt’Europa anzi nel mondo con le carte in regola.>> E pure negli States.
Véronique Angeletti@civetta.tv