Esplode la protesta nel pesarese: ultimatum dei Sindacati alla Riforma sanitaria
<<Ultima chiamata oppure si va verso una mobilitazione diffusa.>> Autunno caldo per la riforma sanitaria nel pesarese. Il non rispetto degli impegni presi oltre un mese fa ad Urbino dal presidente della commissione sanità Fabrizio Volpini alla Conferenza dei Sindaci di Area Vasta, presente pure il direttore generale Asur Alessandro Marini, mette il fuoco alle polveri.
<< A tuttora nessuna convocazione – protestano Simona Ricci della Cgil, Maurizio Andreolini della Cisl e Laura Biaggiotti dell’Uil – La regione non ci ha trasmesso dati od informazioni per instaurare un dialogo.>> Pertanto <<o parte il confronto o si va verso una mobilitazione diffusa.>>
Peggio. Il fatto che dal 15 ottobre, negli ospedali di comunità di Cagli, Fossombrone e Sassocorvaro non ci saranno più medici disponibili o reperibili il fine settimana, nei giorni prefestivi e festivi dimostra che, imperturbabili, i vertici amministrativi dell’area vasta1 procedono nel riorganizzare la gestione del personale seppur sindacati, sindaci e comitati abbiano dimostrato tutte le carenze del sistema.
Per la Cisl è tutta colpa della politica. <<I problemi veri – affermano Alessandro Contadini e Maurizio Andreolini, Cisl Fp Marche e Cisl di Pesaro-Fano-Urbino – non sono la collocazione del nuovo ospedale unico e lo spostamento della sede amministrativa dell’Area Vasta da Fano a Urbino, come si evince dall’ultima conferenza dei sindaci, ma il taglio dei servizi, l’aumento della mobilità passiva, e la consapevolezza che la provincia di Pesaro Urbino ha la più bassa dotazione di posti letto tra le province marchigiane.>>
L’ultimatum è una bomba ad orologeria. Esplode un mese dopo che sindacati e tanti stakeholders erano sicuri che, dopo quel 11 settembre a Palazzo Raffaello, la riforma sanitaria nell’area vasta1 era al giro di boa. Per la prima volta, di persona, in un luogo pubblico, in presenza dei sindaci e dei vertici della regione i sindacati e porta voce di Rsu e di comitati di cittadini avevano elencato <<tutte le criticità e le sofferenze della riforma sanitaria in corso. >>
Ossia l’assenza di un piano sanitario coerente che vincola scelte al contesto. La carenza di almeno 100 posti letto per acuti in medicina e in lungo degenza. I pronti soccorso al collasso perché mancano posti letto per medicina d’urgenza. Le liste d’attesa che in gran parte si spiegano perché non sono stati attivati i servizi ambulatoriali promessi negli ospedali di comunità dalle delibere regionali. Ma poi quello che li preoccupa più di tutto è il sottodimensionamento degli organici sia dei medici sia del personale infermieristico e quel carico di responsabilità che hanno operatori che ogni giorno trattano vite umane. Condizioni di lavoro del personale ridotto nelle ore notturne, costretto a saltare i riposi, ai doppi turni, utilizzato fuori dipartimento senza idonea formazione assistenziale specifica. Delle risposte sulla parte “privata”, quella sanità che va in convenzione e sulle deroghe che vedono come dei vantaggi al privato a cui sono concesse libertà che non ha il servizio pubblico seppur ha livelli maggiori di efficacia e di appropriatezza.
Intanto un punto in questi quasi 40 giorni, i sindacati lo hanno messo a segno: con il suo silenzio, la Regione ha confermato che non è disponibile, soprattutto nel pesarese, al confronto con le parti sociali.
I sindaci degli ospedali coinvolti nella riconversione delle loro strutture in ospedali di comunità e che hanno perso i reparti di lunga degenza e i punti di primo intervento si sentono rinfrancati. I sindacati danno sostanza alle denunce dei Sindaci Alessandri, Grossi, Bonci dei comuni di Cagli, Sassocorvaro e Fossombrone. Da mesi i nosocomi declassati non stanno dando i servizi di cui ha bisogno la cittadinanza. << La regione è incapace di ascoltare e di risolvere – protesta il sindaco Alberto Alessandri. Ho scelto di avere pazienza e di vedere lo sviluppo dei servizi scritti negli atti tuttavia dopo un’estate torrida di problemi, mi arrendo; la riforma sanitaria nell’entroterra montano pesarese, non funziona, anzi fa proprio schifo. Esigo il punto di primo intervento con medici specializzati, ambulatori di specialistica e di diagnostica e sopratutto la lungo degenza con un numero idoneo di posti letto come proposto nei dieci punti che un anno fa avevamo portato in regione.>>
Stesse riflessioni per il sindaco Daniele Grossi di Sassocorvaro.<< Sono stato accusato di essere poco istituzionale perché avevo protestato in un modo non istituzionale – commenta riferendosi a quelle catene che per oltre un mese lo avevano legato all’ospedale Lanciarini. Oggi non solo tanti servizi garantiti negli atti non sono stati resi operativi ma se lo sono stati hanno una frequenza che scoraggia il paziente a prendere appuntamenti. Alcuni addirittura sono stati dati direttamente al privato mentre dovevano rimanere nell’ambito pubblico. >> Punto sul quale incalza la Cisl che conferma che corrono voci di una gestione privatistica di Cagli e di Sassocorvaro. Il sindacato conferma pure che al Lanciarini è stata sospesa, da inizio anno, l’attività di Endoscopia e che, entro la fine dell’anno, la società privata “Villa Montefeltro” potrebbe averla nel suo portafoglio di gestione come i servizi di radiologia e l’attività chirurgica. Per Fossombrone, niente novità: sono ancora da attivare i 20 posti letto di cure intermedie, gestiti in convenzione con i medici di Marche Nord, per un problema di adeguamento dei reparti.
Per il Comitato provinciale Pro-Ospedali pubblici che con i suoi 650 followers raccoglie in tutto il pesarese testimonianze e lamentele sulla riforma sanitaria <<è in atto una tragedia, un dramma disumano – afferma Carlo Ruggeri, il suo porta voce – Un susseguirsi di vergognose disfunzioni che oltre a far soffrire mettono a rischio la vita. La conferenza rimane un luogo di discorsi dove continuano ad approvare la scelta di chiudere tre ospedali e di concentrare le cure in un ospedale unico provinciale.>>
Il comitato mette in particolare sotto accusa la rete dell’emergenza-urgenza e <<i rigidi protocolli su cui riposa.>> Cita casi di persone in attesa di soccorso che, seppur a due passi dagli ospedali di Cagli o Fossombrone, non potevano essere aiutati dal personale ospedaliero ed hanno dovuto aspettare l’ambulanza di un altro potes. Racconta di pazienti trasportati in ospedali che non ritenevano né più vicini e nemmeno più idonei.
<<Abbiamo una visione dell’emergenza a 360 gradi – risponde il direttore della centrale operativa pesarese del 118, Alessandro Bernardi. La nostra centrale ha un’alta professionalità nell’attribuire livelli di priorità d’intervento incluso l’elisoccorso.>>
Il quadro del 118 pesarese è presto fatto: riposa su 21 ambulanza. Quelle medicalizzate, ossia con medico, infermiere ed autista sono 10. Salvo quella di Montecchio che lavora H12, quelle di Pesaro, Urbino, Marotta, Urbino, Urbania, Sassocorvaro, Fano, Fossombrone, Cagli e Pergola sono H24. Con personale infermieristico sono 4, quelle H12 dislocate a Pesaro, Fano e quelleH24 a Mercatino Conca e Calcinelli. Mentre a Pesaro e Macerata Feltria ci sono 2 H24 per il trasporto interospedaliero e ad Apecchio e Montecchio, H24, 2 con personale del volontariato. Barchi, Fermignano e Frontone devono ancora essere attivate. Un’anomalia da segnalare: in caso di trasferta sulla rete autostradale, le ambulanze non essendo dotate di telepass, hanno una viacard. Una perdita di preziosi secondi ed anche un costo assurdo. Pagano pure se intervengono nel caso di un incidente sull’autostrada. Equivale a soccorrere un infartuato in un cinema e dover pagare il biglietto per entrare in sala per prestare soccorso!
In ogni caso, il sistema dell’emergenza-urgenza pesarese preoccupa. Ha un serio tallone d’Achille: i suoi intasati Pronto Soccorso di Pesaro, Fano ed Urbino. Spariti i Punti di Primo Intervento (Pit), trasformati prima in Punti di Assistenza Territoriale (Pat) ed oggi in Ambulatori Cure Assistenziali Primari (Acap) sono diventati degli imbuti dove si riversa ogni tipo di problema. Dai più urgenti a quelli che sono differibili ed accolgono addirittura, chi cerca una diagnosi celere per fare degli esami e saltare i tempi di attesa imposti dal Cup.
<< La congestione è legata al fatto che i Ppi di Cagli, Fossombrone, Sassocorvaro fungevano da filtri – incalzano i sindacati Cgil, Cisl ed Uil – ma anche alla mancanza di posti letto.>> Ragione per cui sono stati chiesti posti letto specifici ad uso del pronto soccorso Santa Croce di Fano. In parte si è risolto aggiungendo ad Urbino posti letto bis nei reparti ma pone ovviamente molti problemi logistici. Per i sindacati l’ospedale di Urbino è un assioma su cui la Regione deve assolutamente ragionare: l’ospedale non ha il numero di posti letto per assorbire le richieste di tutto l’entroterra; se si pensa di compensare con i 26 posti letto destinati alla geriatria e medicina d’urgenza va ricordato che a distanza di mesi sono ancora sulla carta; ed il fatto che non ci sono ancora i responsabili medici per guidare i principali reparti dà molto da pensare. Dopo tutto sono figure strategiche del buon funzionamento dei reparti ma sopratutto figure in grado di calamitare vere e proprie equipe di specialisti.
Anche l’insufficienza di posti letto per acuti ha un’immediata ricaduta sul sistema dell’emergenza-urgenza che vede le ambulanze del 118 al servizio del trasporto di pazienti da ospedali di comunità ad ospedali per acuti o vice versa. << Sono taxi – precisa Laura Biagiotti dell’Uil- in cui il paziente è spostato dove ci sono posti letto per acuti in luoghi lontani dalla propria residenza.>>
Alessandro Contadini e Maurizio Andreolini, Cisl Fp Marche e Cisl di Pesaro-Fano-Urbino, accendono i riflettori su Marche Nord: <<Aumenta l’attività delle prestazioni chirurgiche di Marche Nord – commentano – ma l’integrazione tra gli ospedali di Pesaro, Fano e Muraglia è sulla carta. Aumenta l’assunzione di medici ma non aumentano le assunzioni degli infermieri che sacrificano riposi e ferie per coprire i turni di lavoro.>> E segnalano che nel reparto di medicina a Pesaro, i posti letto per acuti sono utilizzati per ricoveri di pazienti non autosufficienti.
Quanto alla non attivazione dell’elisoccorso H24, promesso sulla carta della regione e anche in conferenza dei sindaci dal presidente della regione Marche in persona Luca Ceriscioli, non aiuta a dare sicurezza all’entroterra. <<Nei casi di pazienti critici – evidenzia Biagiotti – questo sistema consentirebbe di centralizzarli subito nel centri di alta specializzazione in meno di mezzora mentre adesso il sistema prevede di centralizzare prima negli ospedali di riferimento, metti caso Urbino per un incidente ad esempio avvenuto ad Apecchio, si aspetta i reperibili e poi con loro si va ad Ancona.>>
Timori anche sulla “H” dell’ospedale di Pergola. L’altro ospedale di riferimento dell’entroterra pesarese. Dopo un anno di riforma, <<non sono attuate le delibere regionali che prevedono l’approccio multidisciplinare della chirurgia a ciclo breve e lo si spoglia di continuo dei servizi ambulatoriali>> evidenzia la Cisl. Una spoliazione continua di servizi e prestazioni che potrebbe, statistiche 2016 e 2017 alla mano e parametri del governo nell’altra, motivare entro breve una riconversione.
Véronique Angeletti@civetta.tv
Le favole che racconta la Regione sulla sanità nelle Marche sono smentite, com’è giusto, dall’esperienza quotidiana dei cittadini, Interessante questa presa di posizione del sindacato, specialmente perchè proviene dalla provincia del presidente Ceriscioli, che è anche assessore regionale alla sanità