A rischio chiusura la palestra riabilitativa del Sant’Antonio Abate per gli esterni. Allarme nel comprensorio montano
Sassoferrato – Un altro pezzo della sanità sentinate in forse. L’unità di terapia fisica e la palestra riabilitativa in uso per i pazienti esterni potrebbero essere a rischio chiusura. Un ordine di servizio impone al terapista e all’infermiere in servizio all’ospedale di comunità di Sassoferrato di trasferirsi il 17 ottobre all’Engles Profili di Fabriano dove sono in organico per compensare due maternità.
Niente cambiamenti per la casa protetta e per le cure intermedie, tuttavia per chi non è “ricoverato” tutto cambia e non in meglio.
Il sindaco Ugo Pesciarelli, al corrente già da una settimana, ha ovviamente chiesto subito chiarimenti in merito alla direzione dell’Area Vasta2 e all’Ing. Bevilacqua. Direzione che rassicura ed afferma che non ci saranno mutamenti e che “sono in atto tutte le procedure per garantire il servizio di riabilitazione ambulatoriale di Sassoferrato“. Si dice che sarebbero già stati individuati due terapisti ma l’allarme non si placa. Uno perché l’informazione cozza con il cartello tuttora in bella mostra; poi perché i tempi della burocrazia sanitaria non parlano a favore di una sostituzione veloce; terzo, i pazienti sono indirizzati all’Engles Profili di Fabriano; infine nell’entroterra sentinate la storia ha lasciato troppe volta la bocca amara per essere ottimisti. Dopo tutto ogni volta che si è trattato di costruire nuovi asset, fare delle economie, imporre ottimizzazioni, ogni riforma sanitaria di questi ultimi 45 anni ha sottratto reparti, posti letto e servizi alla struttura sanitaria sentinate. La storia insegna.
Piccola Cronistoria della sanità sentinate…
È al 1972, quando lo Stato dà in delega alle regioni la sanità e toglie alle amministrazioni locali il diritto di gestire il loro ospedale, che risale la prima battaglia. Nascono le Asl che diventeranno Ausl, Aulss e segna l’inizio di una serie di perdite con date cardine: nel 1984, il Sant’Antonio Abate non ha più il reparto di maternità; nel 1992, perde la chirurgia anche se è compensata da un nuovo reparto, quello della riabilitazione, il primo nelle Marche, che pone Sassoferrato come comune all’avanguardia; nel ’96, tocca al reparto di medicina accorpato a quello dell’Engles Profili e nel 2000, sono trasferiti i posti di medicina e 20 di Rsa sempre a Fabriano. Quelli rimanenti diventano lungodegenza e la riabilitazione un’unità operativa complessa. Sarà proprio quest’unità che la riforma del 2013 sposterà nella città della carta per “scongiurare la deframmentazione e creare quel modello virtuoso d’integrazione socio-sanitaria con una postazione per le emergenze-urgenze provvista di un’ambulanza completa di medico, infermiere e di autisti soccorritori.”
Insomma da Ospedale tout court fondato un secolo fa, il Sant’Antonio Abate prima è stato declassato a Presidio Ospedaliero, poi trasformato in Casa della Salute, infine nell’odierno Ospedale di Comunità che vede oggi in forse la terapia fisica e la palestra riabilitativa. Gli unici residui dell’unità riabilitazione spostata dall’ultima riforma.
Un trasferimento su cui tutt’oggi sono ancora in molti ad interrogarsi sull’ottimizzazione e le sue ragioni. Il reparto tenuto a lungo dal dottor Paolo Taruschio era un vero e proprio fiore all’occhiello. Vantava 225 ricoveri all’anno, godeva di un’ottima affluenza – almeno il 30% – di pazienti fuori Marche, manteneva tempi di attesa pari a sette giorni ed utilizzava i suoi posti letto oltre il 90%. Lì fino al 2015 lavoravano tre medici e sei terapisti, si curavano problemi di disabilità legati a malattie che coinvolgevano le funzioni motorie, cognitive, emozionali, o malattie del sistema nervoso, osteo-articolare e respiratorio. Reparto trasferito a Fabriano che ha dovuto modificare reparti e palestra le cui tracce rimangono nell’unità di terapia fisica e nella palestra riabilitativa ad uso interno ed esterno che adesso è in forse. Comunque va ricordato che nel trasferimento fu completamente svuotata di macchinari e strumenti che ritornarono solo dopo un bel po’ di tempo ed in parte dalla Città del Gentile al Paese del Salvi. Una palestra oggi ad uso della casa protetta e delle cure intermedie e anche organizzata per dare prestazioni ad esterni e che è fondamentale per un comprensorio dalla geografia complessa caratterizzato da una popolazione over 65 anni.
2500 prestazioni all’anno e un sistema che dà fiducia ai pazienti…
Che la terapia fisica e la palestra siano fondamentali per i pazienti esterni lo dimostrano i dati stessi di frequentazione. Quest’anno tra cure per anca, ginocchio, ictus, spalla, inclusi i trattamenti per le urgenze, sono state erogate finora più di 2500 prestazioni. E, a conferma che il Sant’Antonio Abate è un polo di riferimento non solo per il sentinate, lo si vede dai paesi di provenienza dei pazienti che vengono da Genga, Arcevia e Serra Sant’Abbondio. Addirittura l’organizzazione è tale – raccontano i pazienti – che si lavora con piccoli gruppi ristretti di tre-quattro persone con gli stessi problemi. Il che psicologicamente dà coraggio e stimola a impegnarsi e velocizza i benefici delle terapie. Ecco perché quel cartello appeso all’esterno che ne annuncia la chiusura sta mettendo in allarme il comprensorio montano che abbraccia Sassoferrato, Genga, Arcevia e Serra Sant’Abbondio.
Véronique Angeletti@civetta.tv