Economia post-covid19: Confidustria Pesaro propone di creare un hub per l’idrogeno verde
|Pesaro – Un patto per un hub pesarese dell’idrogeno verde. Lo propone Confindustria Pesaro che, per rilanciare l’economia, punta sull’energia rinnovabile ad alta efficienza energetica, emblema della decarbonizzazione. Per Mauro Papalini, il presidente dei industriali pesaresi, nella provincia bella ci sono aziende, uomini, idee e contesto. «Pensare all’idrogeno e, più in generale, alle filiere energetiche innovative, significa precorrere i tempi, anticipare le strategie proprio per intercettare risorse ed attrarre investimenti».
Nell’hub per l’idrogeno, protagoniste sono le aziende, quelle del settore energetico, quelle che costruiscono potabilizzatori di acqua, quelle del settore meccanico che fanno recipienti a pressione per lo stoccaggio, le società di servizi, le imprese manifatturiere che producono componentistica e punti di stivaggio.
«Abbiamo un gruppo Oil & Gas, che fattura oltre 500 milioni all’anno e che si può riconvertire – aggiunge Papalini- la presenza sul territorio di SNAM, che ha già investito diversi miliardi su idrogeno e transizione energetica e trasformare le condotte per portare idrogeno e metano».
Il contesto è decisamente propizio. Esiste una Strategia Nazionale sull’idrogeno per la quale la Confindustria nazionale è impegnata e, diversi segnali che indicano nelle Marche e nell’Appennino, delle aree per avviare progetti dedicati all’idrogeno. «Inoltre – aggiunge- anche il vicepresidente regionale Mirko Carloni è impegnato su questo fronte».
Perché fondamentale è la regione. «Carloni conosce le necessità e le richieste del mondo industriale – dichiara Federico Ferrini, CEO di Techfem – e quanto è importante che l’economia dell’idrogeno sia inserita nella Smart Specialisation Strategy per il piano di sviluppo del tessuto produttivo e dei servizi ad alto contenuto tecnologico regionale». Per Ferrini, molto positivo è il nulla ost della giunta regionale a Terna per il potenziamento delle linee elettriche come lo è la creazione di un Comitato tecnico consultivo regionale per rielaborare il Pear secondo gli obiettivi europei 2030.
«L’idrogeno fa parte del futuro del paese – incalza il presidente Papalini – e va al servizio del settore industriale e dei trasporti pesanti, che hanno bisogno di fonti energetiche sempre più verdi e sempre più costose. Un obiettivo raggiungibile in 10 anni, per arrivare al 3% del fabbisogno nazionale entro il 2030. Dopo, sarà il turno delle città, se le vogliamo smart e in linea con l’agenda europea».
Nemmeno le risorse dovrebbero essere un problema. «L’idrogeno è una priorità all’interno di Next Generation EU per la commissione europea. Pertanto se la provincia di Pesaro non dà un segnale di disponibilità rischia non solo di essere ininfluente rispetto alle scelte strategiche internazionali ma anche di frenare il percorso, già avviato, che vuol far diventare la nostra provincia un territorio moderno, ambientalmente protetto, in grado di attrarre nuovi investimenti all’insegna del green».
Se oggi la maggior parte dell’idrogeno viene estratto dal gas naturale, attraverso un processo che produce emissioni di carbonio, l’idrogeno verde è prodotto attraverso l’elettrolisi. Questa tecnica, se diffusa su scala commerciale, rappresenta per gli esperti il “sacro graal” dell’energia rinnovabile per la sua grande efficienza energetica in un ottica di decarbonizzazione”.
Véronique Angeletti@civetta.tv
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Il tema dell’idrogeno è complesso, ma rispetto a quanto riportato nell’articolo, ritengo opportuno fare alcune precisazioni.
L’idrogeno non è una fonte di energia, ma un vettore energetico, cioè utilizziamo dell’energia per estrarlo dalle sostanze in cui è contenuto, come ad esempio l’acqua, ma in questo passaggio perdiamo energia.
In realtà è anche un vettore scadente e problematico perché a parità di volume trasporta 1/3 dell’energia del metano e le perdite in un gasdotto sono 8 volte quelle del metano.
Lo si può portare allo stato liquido, ma questo processo è problematico e consuma altra energia.
Ci sono vari modi per estrarlo e a seconda della fonte energetica utilizzata gli viene attribuito un colore in funzione del suo impatto ambientale.
Uno di questi metodi è l’elettrolisi che produce:
• idrogeno verde solo se l’energia necessaria viene fornita da fonti energetiche rinnovabili con un rendimento medio del 70% rispetto all’energia utilizzata
• idrogeno viola se utilizziamo energia nucleare con un rendimento medio del 45%
• idrogeno grigio se realizzato con centrali termoelettriche che emettono CO2 con un rendimento medio del 45%
Ci sono processi industriali in cui invece è auspicabile l’utilizzo dell’idrogeno, in particolare nella siderurgia, in sostituzione del carbone nei processi di ossidoriduzione dei minerali di ferro e della ghisa. Si tratta di una prospettiva ancora futuribile.
Se pensiamo invece alla famosa auto a idrogeno da cui esce vapore acqueo, come in un famoso spettacolo di Grillo di tanti anni fa, ci troveremmo di fronte ad un rendimento del 32%.
Purtroppo il grande interesse che ruota attorno all’idrogeno appare alimentato solo dalla grande quantità di investimenti pubblici che sarebbero necessari per costruire impianti e tutto il sistema di distribuzione, oppure per il tentativo di ripartire il nucleare visto l’idrogeno potrebbe svolgere la funzione di stoccaggio dell’energia quando la quantità richiesta è inferiore a quella prodotta.
Per un approfondimento potete andare sul sito https://sostenibilitaequitasolidarieta.it/diamo-i-numeri-sullidrogeno/