Il Covid – 19 uccide anche l’economia legata alle strade del vino

unnamed (12)Il turismo è vittima del Covid-19. Fermi o quasi un miliardo e quattrocento milioni di viaggiatori nel mondo che valgono oltre 40 miliardi di lire in Italia. Il che mette in crisi più di un’economia. Basta pensare che solo il shopping goloso per la Banca d’Italia, l’anno scorso, tra eccellenze tipiche alimentari e vino vale ben 12 miliardi e va a colpire il turismo enogastronomico e dunque oltre ai ristoranti, gli alberghi anche le aziende di prodotti tipici e le aziende viti-vinicole.

Un settore che finora vantava una crescita ogni anno a doppia cifre e così ben articolato nei suoi consumi che l’Osservatorio delle Città del Vino stima che ogni euro speso nell’acquisto di bottiglie, il visitatore ne paghi altri 5 nelle zone del vino per mangiare, dormire e acquistare prodotti tradizionali, partecipare ad eventi, corsi, degustazioni e altri occasioni di intrattenimento. Tra le regioni che accuseranno gli effetti saranno ovviamente la Toscana ma anche le Marche e l’Umbria che con Doc, Docg sono ben presenti in questo settore specifico.

Daniela Cinelli Colombini

«Perché non sono solo le zone del Chianti, della Valpolicella ad aver creato un autentico sistema economico basato sull’attrattiva vino – spiega Donatella Cinelli Colombini, ideatrice della giornata Cantine Aperte e prima promotrice del turismo del vino in Italia, docente di enoturismo in Master universitari e autrice di tre manuali sulla wine hospitality -. Inoltre non c’è solo un problema legato alla diminuzione dei flussi turistici, ci sono anche gli effetti dell’eventuale contagio dove, per ora, l’epidemia di coronavirus è stata quasi assente. Prendiamo in esame le attività turistiche più problematiche, quelle delle aziende agricole – ricettività, ristorazione e enoturismo – che sono accessorie e spesso in promiscuità, con i lavori propriamente agricoli. Portando i visitatori in azienda aumenta il numero delle misure protettive da prendere nell’impresa nel suo complesso, ma soprattutto aumenta la probabilità di contrarre il covid. In una simile eventualità l’obbligo di quarantena potrebbe riguardare sia chi lavora nell’hospitality che il personale di cantine, uffici, vigneti e altre attività tipicamente rurali, con il blocco totale di ogni produzione».

Per restringere alle sole cantine, l’esame dei problemi turistici creati dal coronavirus, si ipotizza che sono 25 mila le aziende enologiche italiane aperte al pubblico e fra esse le 8 mila organizzate per l’hospitality, che occupino intorno a 30 mila dipendenti stagionali addetti all’enoturismo, oltre al personale a tempo indeterminato e ai membri delle famiglie produttrici. «Tutte persone – osserva – che potrebbero rimanere senza lavoro».

Solo la vendita diretta in cantina, Donatella Cinelli Colombini stima una perdita di tra 2-2,5 miliardi di Euro che costituiscono una liquidità importante per le imprese italiane ma soprattutto una fonte di guadagno con marginalità nettamente più alta rispetto ai normali canali commerciali. «Non scordiamoci – conclude– che fino allo scorso anno metà dei 58 milioni di turisti stranieri in Italia aveva comprato almeno una bottiglia di vino».

Infine, da un indagine di Città del Vino, emerge che in generale la quarantena sembra aver appiattito anche gli stimoli alla conoscenza.

Cala la voglia di sperimentare novità, la preferenza verso i piccoli produttori, verso i vini sostenibili e gli autoctoni.

Tendenze  che, a detta degli intervistati, torneranno identiche a prima nel post quarantena. Però in aumento, dal 20 al 25 %, gli acquisti on line.

La riflessione nella sua integralità è disponibile al link seguente https://www.cinellicolombini.it/forum/turismo-del-vino-ucciso-dal-covid/#more-59400

Véronique Angeletti@civetta.tv

Categorie correlate: