Ancora in calo gli immigrati residenti nell’eugubino-gualdese
Gubbio – Nell’affollata aula magna dell’IIs Cassata-Gattapone di Gubbio, giovedì 15 febbraio il circolo Acli Ora et Labora di Fossato di Vico ha presentato il XV censimento sugli immigrati residenti nei comuni dell’eugubino-gualdese con l’aggiunta di Nocera Umbra e Valfabbrica. A far gli onori di casa il dirigente scolastico David Nadery che ha accolto positivamente l’iniziativa che si è svolta per la prima volta in una scuola. Le aule sono i luoghi dell’incontro, della partecipazione e dell’inclusione, aspetti non sempre facili da perseguire ma indispensabili per creare le basi di una società attenta alle esigenze dell’altro ed aperta al confronto senza pregiudizi. Ad aprire il convegno i saluti del Sindaco di Gubbio Filippo Mario Stirati che, rinnovando gli apprezzamenti per il lavoro del circolo Acli, un vero riferimento socio-culturale per il territorio, ha esortato i presenti a ragionare senza demagogia e pressappochismo sul fenomeno complesso dell’immigrazione.
Il tema, di stringente attualità, va affrontato con serietà, senza lasciarsi guidare da paure ed isterismi alimentati soprattutto da una cattiva informazione ed amplificati ad arte da chi cerca di trarne benefici elettorali. La solidarietà, l’accoglienza, sono valori che non possono essere accantonati in nome di qualche punto decimale pensando solo alle prossime elezioni. Chiudere le frontiere, innalzare muri, non servirà a fermare un fenomeno che continuerà nel tempo, ma che andrà gestito con senso di responsabilità e con l’aiuto di tutti i paesi europei. Una distribuzione equilibrata, che miri ad un’integrazione vera, coinvolgendo in primis i comuni, può essere una prima risposta. Il progetto Sprar, a cui il comune di Gubbio ha aderito, può divenire un modello virtuoso, inclusivo, che aiuta l’inserimento dei rifugiati nella comunità ma che purtroppo vede poche adesioni e rischia quindi di non riuscire a dare risposte concrete.
A seguire l’intervento del Vescovo di Gubbio Mons. Luciano Paolucci Bedini il quale ha focalizzato l’attenzione su tre verbi fondamentali che dovrebbero guidare la comprensione del fenomeno dell’immigrazione. Comprendere, dialogare e condividere. Innanzitutto bisogna capire e conoscere i veri numeri del fenomeno orientandosi attraverso dati veri e non raccontati strumentalmente. Darsi poi degli spazi in cui dialogare, ascoltarsi reciprocamente per conoscersi a fondo. Infine condividere le responsabilità aiutandosi a creare insieme un pensiero aperto, libero che porti a decisioni sensate, ragionate e non dettate soltanto dall’emergenza sull’onda di pregiudizi talvolta fuorvianti.
Entrando nel dettaglio dei dati numerici del censimento, presentati come di consueto dal Prof. Sante Pirrami, si può evincere un costante erodersi della componente straniera residente nei nostri territori. Nel corso dell’ultimo anno il calo è stato dello 0,3% circa portando il totale degli immigrati a 5149, l’8.1% della popolazione, leggermente al di sotto del dato nazionale. Dopo il picco del 2012, con il 9,6% dei residenti stranieri, il dato è andato mano a mano diminuendo complice la crisi economica che sta spingendo gli immigrati a trovare occasioni di lavoro altrove, soprattutto verso i paesi del nord Europa. Dal 2010 al 2017 gli immigrati residenti sono calati di circa 1000 unità, una diminuzione davvero consistente che dimostra come i nostri territori non siano più appetibili dal punto di vista occupazionale. Fossato di Vico con il 12,7% continua, come di consueto, a primeggiare nella speciale classifica, nonostante un crollo del 5% nel corso dell’ultimo anno. A seguire Nocera U. con il 10,9% e Gualdo T. con il 10,1%. Ultimo, ed anche questa è una conferma, Sigillo con il 4,6%. Nel corso dell’ultimo anno tutti i comuni presi in esame registrano dei cali, tranne Valfabbrica che cresce dello 0,1% e Scheggia dello 0,2%. La componente maschile rimane preponderante con il 56% anche se è calata vistosamente nel corso degli ultimi anni. E’ probabile che il capofamiglia decida di trovare magari in altre zone, anche fuori confine, delle opportunità mantenendo in un primo momento la famiglia nel nostro territorio. Inoltre le donne svolgono spesso dei lavori di cura come colf e badanti e risultano quindi occupate. La nazionalità più presente è ancora quella rumena con il 21,6% seguita a distanza da marocchini ed albanesi, quest’ultimi per molti anni al primo posto della graduatoria. Cambio al vertice invece per la nazionalità più presente fra i banchi di scuola. A primeggiare sono gli albanesi con il 27,1%, seguiti da marocchini con il 26,2% ed i rumeni con il 14,5%. La percentuale totale di alunni stranieri è all’11,5%. Il picco maggiore risulta nelle scuole di Fossato di Vico con il 25%, a seguire Nocera U. con il 21% e Gualdo T. con il 16,8%.
Chiusura del convegno dedicata all’appassionata relazione di Antonio Russo, consigliere di presidenza nazionale delle Acli con delega al welfare. Il gradito ospite ha esortato a sgomberare il campo dalle continue fake news che abbondano quando si tratta il tema dell’immigrazione. La cultura razzista, purtroppo, viaggia veloce in rete alimentata da stereotipi e pregiudizi spesso lontani dalla realtà e dai dati ufficiali. La percezione del fenomeno è totalmente differente dai dati reali e questo perché spesso i mass media raccontano con troppo sensazionalismo, usando talvolta termini scorretti, le tematiche legate all’immigrazione. Non è un caso che le principali vittime in rete, apostrofate con parole d’odio, secondo dati ufficiali, sono proprio gli immigrati. I dati reali ci dicono che in Italia risiedono regolarmente circa 5 milioni di stranieri, un numero davvero basso se confrontato con altre realtà europee e mondiali, l’8,3% dei residenti. Se consideriamo invece i rifugiati, che sono portatori di diritti soggettivi riconosciuti a livello internazionale e devono quindi essere per legge accolti, l’84% è ospitato in paesi in via di sviluppo. Poveri che ospitano cittadini ancora più poveri. Basti pensare che il piccolo Libano è il paese che percentualmente ospita il maggior numero di rifugiati, insieme all’Iran, alla Turchia, al Pakistan, al Kenia, solo per citarne alcuni. I sei paesi più ricchi del pianeta, ad esempio, accolgono solo un misero 9% dei rifugiati e l’Italia circa 150 mila. E’ necessario partire da un presupposto fondamentale parlando di immigrazione capendo che nessuno lascia il proprio paese per piacere, ma che lo fa soltanto a causa di necessità impellenti. Esistono infatti migranti economici, in cerca di migliori occasioni lavorative, ambientali, che scappano da terre divenute invivibili e forzati costretti quindi a fuggire da guerre e persecuzioni.
Guardando i dati strettamente economici, di cui spesso ci si dimentica, è utile sottolineare come gli immigrati contribuiscano in modo determinante alla tenuta del nostro welfare, contribuendo con 10,9 miliardi al sistema pensionistico e producendo un Pil di 127 miliardi, l’8,8% del totale. Concorrono inoltre alla tenuta demografica sempre più precaria dell’Italia e risultano fondamentali in alcune piccole realtà che stenterebbero a mantenere in vita determinati servizi pubblici, basti pensare alle scuole. Antonio Russo ha ricordato inoltre ai presenti la storia dell’emigrazione italiana, un fenomeno epocale di dimensioni enormi. Oltre 60 milioni di persone con origini italiane sono sparse nel mondo e nel corso degli ultimi anni, complice anche la perdurante crisi economica, gli italiani hanno ricominciato ad emigrare in modo consistente. Nel 2016 circa 285 mila nostri concittadini hanno abbandonato l’Italia per cercare nuove opportunità all’estero. Un popolo come il nostro quindi, che ha provato sulla propria pelle anche gli aspetti talvolta drammatici dell’emigrazione, non può essere insensibile verso questo fenomeno che non è un inciampo della storia, ma che è esso stesso storia. Un fenomeno che va governato senza paure, sapendo riconoscere la ricchezza delle differenze. Mescolarsi, contaminarsi, incontrarsi, significa innanzitutto arricchirsi, migliorarsi e crescere reciprocamente in un continuo scambio culturale ed umano.
William Stacchiotti